Politici che parlano di scienza, virologi che invocano politiche sanitarie, filosofi che discutono sull’opportunità o meno di un trattamento medico. La commistione dei ruoli e dei relativi perimetri ha creato non solo confusione ma anche una generale legittimazione al discutere qualunque cosa indipendentemente dal proprio ruolo e una contemporanea delegittimazione di quel dislivello che nel proprio ambito l’esperto deve poter rivendicare.
Lo scienziato è chiamato a portare le proprie deduzioni all’attenzione della società, deduzioni che siano frutto del metodo scientifico che include la condivisione dei propri esperimenti con il resto della comunità scientifica perché li riproduca e confuti laddove possibile quanto affermato.
Al filosofo spetta invece di riflettere sulle possibili implicazioni che le deduzioni proposte dallo scienziato potrebbero avere sulla società è più precisamente sulle questioni morali.
Infine al politico si chiede di gestire l’applicazione sociale delle acquisizioni della scienza, poiché non è in capo alla scienza ma alla politica, di analizzare, ponderare e infine sintetizzare gli interessi contrapposti, in una decisione per l’appunto politica.
- Gli scienziati lavorano su questioni tecniche
- I filosofi ragionano su questioni etiche
- I politici decidono sugli aspetti applicativi
Lo scienziato che invadesse il campo di politici e filosofi sarebbe, come già sperimentato nell’economia, il trionfo della tecnocrazia.
Se diversamente fosse il filosofo ad occupare lo spazio tecnico e applicativo ci troveremmo di fronte ad una figura sacerdotale.
Un politico che travalicasse il suo ruolo a scapito di scienziati e filosofi diventerebbe un uomo della provvidenza, una sorta di guru.
Mio nonno era un artigiano restauratore e con un tocco di praticità e saggezza popolare su una parete del suo studio, a guardia dei suoi numerosi utensili, aveva dipinto la seguente scritta “un posto per ogni cosa, e ogni cosa al suo posto”. Così, considerando politici, scienziati e filosofi strumenti preziosissimi al servizio della società, ogni figura deve avere un proprio ruolo e parimenti ogni ruolo dovrebbe avere un proprio perimetro di azione insieme a ben definite modalità di collaborazione con chi si occupa delle aree che non siano di propria competenza.
Simone Bonatelli
Fonti
Franco Brevini – Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali?
Massimo Polidoro – Pensa come uno scienziato. Come coltivare l’arte del dubbio