Credit: Casa Editrice Einaudi einaudi.it

Nel libro “Democrazia ultimo atto”, Carlo Galli analizza le trasformazioni profonde che stanno colpendo la democrazia contemporanea, evidenziando come questa forma di governo sia sempre più fragile e messa in pericolo da una serie di forze che minano le sue fondamenta. La storia della democrazia viene raccontata attraverso i secoli e analizzata nelle sue sfumature al passaggio dei vari fatti storici, economici e sociali.
I temi trattati ruotano attorno alla crisi delle istituzioni democratiche e alla perdita, negli ultimi decenni, di efficacia dei corpi intermedi, come partiti e sindacati, che tradizionalmente fungevano da mediatori tra i cittadini e le élite politiche.

Un punto centrale della riflessione di Galli è l’ascesa dei gigacapitalisti, ovvero coloro che, attraverso il controllo delle grandi piattaforme digitali e dei social media, sono riusciti a monopolizzare la sfera pubblica, ridisegnando il modo in cui le persone interagiscono, si informano e formano le proprie opinioni politiche. Questi attori non eletti esercitano un potere enorme, che scavalca i confini della politica democratica tradizionale e condiziona direttamente il comportamento degli elettori.

La disgregazione dei corpi intermedi è un altro fenomeno che Galli sottolinea come causa dell’indebolimento democratico. Partiti e sindacati, un tempo ancore della rappresentanza collettiva, non sono più capaci di guidare l’opinione pubblica e di canalizzare le richieste dei cittadini verso forme strutturate di partecipazione. Questa perdita di influenza apre la strada a una politica sempre più individualizzata e disintermediata, dove i leader carismatici possono comunicare direttamente con l’elettorato attraverso canali digitali, utilizzando un linguaggio aggressivo e polarizzante che spesso fa appello alle emozioni, più che alla ragione. Questo populismo mediatico si è diffuso rapidamente, distorcendo il processo democratico e spingendo verso una politica “di pancia”, che si concentra su messaggi semplici e slogan accattivanti.

Galli avverte che questa deriva rischia di rappresentare l’ultimo atto della democrazia come la conosciamo. Senza un cambiamento radicale, la combinazione tra il potere dei gigacapitalisti e la debolezza delle strutture intermedie potrebbe trasformare i regimi democratici in “democrature”, forme ibride in cui le elezioni esistono ma il potere è concentrato nelle mani di pochi attori forti, con meccanismi di controllo sempre più autoritari.

Una possibile alternativa a questo scenario potrebbe essere l’adozione di un modello di epistocrazia, ovvero un sistema in cui il potere politico è affidato a chi possiede una conoscenza adeguata e comprovata dei problemi complessi della società moderna. L’epistocrazia potrebbe rappresentare un correttivo alle derive populiste, riportando la politica su un terreno razionale e competente. In un contesto del genere, la democrazia si stabilizzerebbe grazie a chi ha una preparazione qualificata che saprebbe guidare i cittadini con decisioni informate, riducendo il rischio di scivolare verso l’autocrazia o altre forme di governo illiberale.

Galli, tuttavia, lascia aperto il dibattito su quale sia la via migliore per preservare la democrazia, spingendo il lettore a riflettere sul pericolo concreto che essa corre se non si riuscirà a ripristinare un equilibrio tra le forze in gioco. L’epistocrazia potrebbe essere una soluzione, ma la sua applicazione impone nuove sfide e dilemmi che richiedono una riflessione profonda e collettiva.

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